Tradizioni dal mare in Terra d’Otranto

 

“Io senza il mare credo che non potrei vivere bene… quando passo, solo a vederlo, o se vai con la barca, ti dà una pace interiore… in quel silenzio c’è una pace interiore che non puoi trovare da nessuna parte… anche in campagna hai questa sensazione, ma il mare è molto più silenzioso…” la testimonianza di Anna Boccadamo, residente nel Borgo dei Pescatori di Tricase, introduce la peculiarità del rapporto simbiotico tra mare e terra che caratterizza l’area salentina dal faro di Santa Maria di Leuca al faro di Punta Palascìa di Otranto.

Mare e terra si uniscono attraverso i tratturi, mulattiere e sentieri stretti di campagna che per secoli sono stati percorsi da contadini-pescatori e che collegavano il mare alla terra e viceversa. Spesso dai tratturi si giungeva alle piscare, punti di scogliera o insenature a cui gli antichi pescatori attribuivano una toponomastica dialettale legata alla storia e/o invenzione popolare, ad accadimenti della vita quotidiana, a leggende o usanze di quei luoghi.

C’è un ricco patrimonio culturale materiale e immateriale legato alle tradizioni marinare in Terra d’Otranto: antichi oggetti da pesca e vecchie imbarcazioni, storie e memorie di vita, pratiche di costruzione degli strumenti di lavoro (le nasse, le reti da pesca, ecc…), baratto tra contadini e pescatori, contrabbando del sale, figure popolari come lu jatacaru (il pescivendolo), u vannisciàtore (il banditore), giochi di una volta (p.e. a frutti o il palo della cuccagna), pratiche di conservazione alimentare e piatti tipici, feste patronali, canti, preghiere, leggende, detti e proverbi.