Scampanata di Anghiari

Uno “charivari” europeo

La Scampanata è una festa tipica di Anghiari, paese medievale della provincia di Arezzo, e rientra nel ciclo festivo primaverile. Questa particolare tradizione è stata riproposta dalla comunità locale nel 1980, con scadenza generalmente quinquennale. La Scampanata condivide alcune caratteristiche dei rituali che appartengono allo “charivari” europeo: la derisione collettiva di chi ha infranto una regola del comportamento sociale, l’uso della musica e del chiasso prodotto con strumenti improvvisati, il trasporto della vittima, la partecipazione di gruppi giovanili; ma per la sua ciclicità, per la sua durata, che un tempo ricopriva l’intero mese di maggio, e soprattutto per la motivazione (la punizione si attua contro chi non si è svegliato per tempo), la Scampanata sembra differenziarsi da altre forme conosciute di “charivari”. Più simili allo “charivari” erano in questa zona le “cocciate”, eseguite contro i vedovi che si risposavano o contro chi si avviava alle nozze in tarda età.

La leggenda

La leggenda popolare fa risalire le origini di questa tradizione alle imprese di una matrona romana, Angiria o Angeria, giunta a Campalone, nei pressi di Anghiari, tra il II e il I secolo a.C., dopo aver ucciso a Roma il proprio marito. Angiria si stabilì nella zona per costruire uno stabilimento termale, utilizzando le acque provenienti da certe sorgenti ritenute salutari. Si racconta che per punire i dormiglioni Angiria, nel mese di maggio, li obbligasse a cavalcare nudi sul dorso di un asino, intorno alle terme, tra la derisione generale degli altri ospiti. La prima notazione storica ricollegabile alla Scampanata risale a un manoscritto di Lorenzo Taglieschi, nel quale si narra di un episodio accaduto nel maggio del 1621 in Anghiari: un tale Basilio Morgalanti, dormiglione, fu messo per burla su un somaro, e condotto per le vie del paese da una folla schiamazzante, nel fracasso provocato da strumenti improvvisati. Nel suo manoscritto il Taglieschi afferma che questa usanza ha origini antiche. Una successiva notazione relativa alla tradizione si trova nel questionario richiesto, nel 1809, dal Governo Francese: in esso si legge che, per un’antica abitudine, si è soliti fare, in Anghiari, nel mese di maggio, “certe scampanate” per quelli troppo dediti al sonno.

La Scampanata di Anghiari

L’interruzione provocata dalla seconda guerra mondiale provocò una lunga sospensione dell’usanza, che si protrasse sino al 1980, anno della sua riproposta, determinata dalla volontà di recupero delle tradizioni locali. Attualmente, in genere ogni cinque anni, tutti i giovedi e le domeniche del mese di maggio, chiunque sia iscritto alla “Società della Scampanata” ha l’obbligo di presentarsi, entro le sei di mattina, all’appello, che si svolge nella piazza principale del paese. I ritardatari, ovunque essi siano e al di là di ogni scusa, sono puniti per avere infranto la regola e trasportati su un variopinto carretto addobbato con il “maggio”, che viene trainato a mano per le ripide vie del borgo. Li accompagna una musica assordante e il lancio di sostanze alimentari (farina, uova, cioccolata) o disgustose, mentre un pesce viene appeso dinnanzi al loro volto. Al termine del giro la “vittima” è irriconoscibile, sconvolta e nauseata, più simile a un fantoccio che a un uomo. All’interno della comunità, questo evento non è soltanto occasione di divertimento collettivo dai marcati toni carnevaleschi, ma spesso anche strumento per manifestare avversità personali, ostilità inespremibili in situazioni di normalità.

Questa particolare tradizione, per le affinità che presenta con le cerimonie cicliche di rinnovamento primaverile e con alcuni rituali collegati alla fertilità, le cui radici risalgono ad epoche precristiane, può essere interpretato anche in rapporto all’ideologia arcaica di tipo agrario che nel passato caratterizzava quest’area. In un contesto di economia prevalentemente agricola, l’importanza assunta dal risveglio primaverile ha trovato espressione in una rappresentazione collettiva, che corrisponde ai bisogni della comunità: attribuire la colpa della trasgressione contro l’ordine naturale degli eventi a un singolo individuo, ed espellere il male attraverso il compimento del rito, ripristinando in tal modo l’ordine.

Testo: E. De Simoni