Arbëreshë: storia

Provenienti dall’Albania e da comunità albanofone della Grecia, gli arbëreshë si stabilirono in Italia tra il XV e il XVIII secolo, in seguito alla morte dell’eroe nazionale albanese Giorgio Kastrioti Skanderbeg e alla conquista progressiva dell’Albania e di tutto l’Impero Bizantino da parte dei turchi ottomani.
Ritratto di Gjergj Kastrioti SkënderbeuNel 1448, infatti, re Alfonso V d’Aragona, re del regno di Napoli e del regno di Sicilia, chiese aiuto a Kastrioti, suo alleato, per reprimere la congiura dei baroni. Come ricompensa il re donò al suo alleato alcune terre in provincia di Catanzaro e molti arbëreshë ne approfittarono per emigrare in queste terre sicure durante l’avanzata degli Ottomani. Altri emigrarono nell’Italia peninsulare e insulare sotto il controllo della Repubblica di Venezia. In Sicilia fondarono Piana degli Albanesi.

Durante il periodo della guerra di successione di Napoli, a seguito della morte di Alfonso d’Aragona, il legittimo erede Ferdinando d’Aragona richiamò le forze arbëreshë contro gli eserciti franco-italiani e Skanderbeg sbarcò nel 1461 in Puglia. Dopo alcuni successi, gli arbëreshë accettarono come ricompensa alcune terre in loco, mentre Skanderbeg ritornò per riorganizzare la resistenza albanese contro i Turchi che avevano occupato l’Albania; morì di morte naturale nel 1468, ma le sue truppe combatterono ancora per un ventennio. Parte della popolazione arbëreshë migrò in Italia meridionale, dove il re di Napoli e di Sicilia offrì loro altri villaggi in Puglia, Calabria, Campania, Sicilia e Molise.
La gran parte delle cinquanta comunità arbëreshë sono di religione cattolica, ma conservano tuttora il rito greco-bizantino. Esse fanno capo a due eparchie: quella di Lungro, per gli arbëreshë dell’Italia meridionale, e quella di Piana degli Albanesi per gli arbëreshë di Sicilia. L’Eparchia bizantina è la realtà più importante per il mantenimento delle caratteristiche religiose, etniche, linguistiche, tradizionali nonché identitari della minoranza.